
si vedono le montagne da Milano !
avventure in mountain bike








Un altro bridge to bridge: questa volta ho percorso le due rive dell'Adda comprese tra il ponte di Bisnate e quello di Lodi. Un percorso in gran parte su sterrata: parcheggiata l'auto nel tranquillo borgo di Galgagnano, mi dirigo verso l'Adda e piego verso nord in direzione Bisnate, è la parte del percorso più tecnica che, data la grande umidità, affronto con prudenza con la mia Fargo dalle ruote strette, munita di portapacchi, borse posteriori e borsetta da manubrio. Un po' preoccupato per gli spari delle doppiette (incrocio anche un paio di cacciatori) raggiungo lemme lemme il ponte di Bisnate: fin qui il percorso è ben noto, fa parte del classico anello Muzza-Adda. Sull'altro lato del fiume imbocco la larga sterrata che porta a Boffalora d'Adda, incrocio anche qui i cacciatori e anche gruppone di bikers a manetta su MTB e ciclocross: si intravedono anche interessanti sentierini da esplorare in un altra occasione. Da Boffalora a Lodi faccio la provinciale, a Lodi attraverso il fiume e mi dirigo verso il bosco Belgiardino. Attraversato il bosco su sterrata, sbuco su un largo canale, forse la Muzza, in lontananza si intravedono le strutture della centrale elettrica di Montanaso . Ne seguo l'alzaia sterrata poi piego a destra in direzione di alcune case. In breve raggiungo una ciclabile: 2 km a Galgagnano, recita un cartello, in pochi minuti arrivo all'auto. Un bel giro in una soleggiata mattinata autunnale per un totale di 34 km: la Fargo non cessa di stupirmi e le borse sono comodissime: abbasso lo zaino.
Dopo tanti giorni di brutto tempo, é piacevole girare senza scopo e senza meta per un paio d'ore per le vie e per le aree verdi del proprio paese. In realtà uno scopo c'era: provare la borsetta da manubrio sulla Fargo e fare un po' di foto autunnali. In più nel mio girovagare sono stato fortunato: ho incontrato un paio di amiche che non vedevo da tanto tempo.


Era una decina d'anni che non guidavo una bici da corsa: la mia Stelbel in acciaio che già allora era piuttosto vecchia, aveva ancora il cambio a levette sul tubo inclinato. Ieri ho potuto provare una bici da corsa contemporanea con cambio Campagnolo a 11 velocità, telaio in acciaio di un noto telaista veneto (ho sentito con le mie orecchie gli appassionati rivolgersi a lui con l'appellativo di "Maestro"). Girando ieri intorno a Montevecchia, dopo tanti anni di MTB, sono rimasto più di tutto sorpreso dalla facilità con cui si raggiungono e si mantengono velocità inusitate, anche su tratti in lieve salita. Nei pochi tratti di salita vera, dalle parti di Sirtori, ho mantenuto un andatura prudente, senza faticare più di tanto, un po' preoccupato dalla lunghezza del rapporto e infatti sono stato superato al doppio della velocità da altri stradisti. Prudenza anche nell'affrontare le discese, senza freni a disco, e le sconnessioni dell'asfalto, con quelle rotelline e senza forcella ammortizzata. Ad esempio non mi ero mai accorto passandoci in MTB che la strada dopo Perego fosse così sconnessa. Altre sensazioni: i tempi di percorrenza si accorciano, si è molto più parte del traffico dato che la differenza tra la velocità della bici e quella delle auto è minore. Ancora, i tratti su strada che in MTB di solito sono noiosi trasferimenti, in cui si procede magari pensando ai fatti propri e alla prossima sterrata o al ristorante che ci attende alla fine della gita, muovendoci quasi come pedoni sul ciglio della strada, in BdC, sono l'essenza di ciò che si sta facendo, si deve stare molto più concentrati, si va più forte e bisogna fare attenzione a dove si mettono le ruote.


Uscita in single speed nel parco del Ticino con partenza dal tranquillo borgo di Zelata: ieri era meglio evitare la Brianza, visto che c'era il GP a Monza. Con il 32/22 so già che più di tanto non potrò andare (da queste parti si va tranquillamente con il 32/16), ma non ho velleità agonistiche, voglio semplicemente ripercorrere gli sterrati che portano a Torre d'Isola, seguendo la traccia GPS registrata quest'inverno in compagnia del Pres e dei suoi pards.
In breve raggiungo il ponte di barche di Bereguardo, il fiume era molto basso metà delle barche era in secca, foto di rito, merendina e sono pronto a proseguire verso Torre d'Isola. Il primo tratto tortuoso mi porta al ponticello metallico dove mi rendo conto che il manubrio Salsa è veramente largo, più del ponticello, tocco con entrambe le manopole sulle ringhiere. Dall'altra parte del ponticello c'è un biker che mi chiede lumi sul percorso, dice che in una precedente uscita si era perso tra i campi senza raggiungere la meta, Torre d'Isola. Lo stupisco con il Garmin e la traccia del percorso, le ruote da 29" e "dulcis in fundo" la bici senza cambio. "Ma come fai in montagna ?" chiede. "Uso una bici con il cambio!" rispondo. Lo avverto che a causa del rapporto corto andrò abbastanza piano ma lui si accoda lo stesso. Un altro biker ci supera e gli stiamo dietro, a un certo punto mi accorgo che non siamo più sulla traccia; torniamo indietro per qualche decina di metri e imbocchiamo il sentiero giusto che ci porta a un piccolo guado. Io guado ma lui lo vedo perplesso di fronte a questa piccola difficoltà, decide di tornare indietro.
Proseguo in solitaria, rivedo il fiume, presso un area di sosta con tavoli e panchine (ma c'era quest'inverno?). Inizia una lieve salita, ieri asciutta e non pazzescamente fangosa come l'altra volta; dopo un ponticello di legno si trasforma nell'unica vera salita della giornata, percorsa in piedi sui pedali, che mi riporta dal livello del fiume a quello della campagna. Dopo un po' di rettilinei e curve a 90' gradi arrivo in vista di Torre d'Isola.
Il ritorno include tratti di asfalto tra silenziosi paesini e stradine sterrate tra i campi, percorse in modalità "criceto", cioè facendo girare vorticosamente i pedali per mantenere la spaventosa velocità di 20 km/h. Comunque dopo po' sbuco nei pressi del cimitero di Bereguardo e imbocco la ben nota stradina che mi riporta, sempre con gran mulinare di gambe, a Zelata.
Percorrendo in auto il lungo rettilineo, parallelo al naviglio Grande tra Gaggiano e Abbiategrasso, mi è sempre caduto l'occhio sui numerosi ciclisti che percorrono l'alzaia, passando accanto a pittoresche cascine. Così ieri, visto il tempo incerto, ho caricato la Fargo in auto, ho raggiunto il grazioso paese di Gaggiano e mi sono fatto il rettilineo sull'alzaia. Che dire ? Percorso in bici sull'alzaia è altrettanto noioso che fatto in auto sulla strada, ma la noia dura decisamente di più e le cascine, viste da vicino, sembrano assai meno pittoresche. Più interessante la zona di Abbiategrasso dove il naviglio fa una curva verso Nord e dà luogo in direzione Sud alla diramazione del naviglio di Bereguardo. In questa direzione a pochi chilometri c'è l'abbazia di Morimondo e un po' più avanti Besate punto di partenza per tante uscite nel parco del Ticino. Causa pioggia, che poi è cessata quasi subito, giro la bici e ritorno alla base per la stessa strada. Sul lungo rettilineo, fatto a velocità sostenuta, mi sollazzo posizionando le mani sul woodchipper in tutti i modi: sopra, sotto, sui comandi, sulla curva, al centro e, annoiandomi assai meno, in breve arrivo a Gaggiano, dove mi fermo a fare un po' di fotografie.

Ieri un breve percorso tra San Giuliano e Melegnano. Un quadrilatero, due lati su strette stradine asfaltate, attraverso borghi sonnolenti come Bustighera e Lanzano, sprofondati tra i campi di granoturco; il lato meridionale su ciclabile, il rettilineo che unisce Mulazzano a Melegnano, buono per testare la propria velocità massima inseguendo gli stradisti; un lato sterrato, il sentiero dei Giganti che unisce Melegnano a San Giuliano, passando non lontano dal Lambro, un tratturo erborso che parte da Rocca Brivio, a tratti una piccola giungla in cui farsi largo con la vegetazione all'altezza del manubrio. Un giro, conosciuto a memoria, che in una giornata di tempo bellissimo e ventilato (ieri si vedevano le Alpi, il Monte Rosa, La Grigna , Il Resegone, ma anche gli Appennini, visione rarissima da queste parti), si trasforma magicamente in una passeggiata molto piacevole.




Non è certo il gran diagonalone Lisbona-Mosca, teatro delle epiche imprese del grande Pozzi, quello sul quale ho testato la Fargo come city-bike: più semplicemente ho attraversato Milano da Sud-Est a Nord-Ovest, da piazzale Corvetto a via Gallarate (nuova sede di Pro-m) passando per piazza del Duomo. Al ritorno piccola deviazione in zona Fiera da Ciclistica.
Le ho percorse di giorno e di notte, d'estate e d'inverno, con full, front, singlespeed e ciclocross, da solo e in compagnia: sono le stradine sterrate che da Montorfano si diramano verso sud nella brughiera orsenighese. Domenica è stata la volta di percorrerle con una rigida, per di più munita di portapacchi e borse. Finalmente ho potuto guidare la Fargo in salita e in discesa sia su asfalto che su sterrato, ho anche innestato il rapporto più corto 28/36 sulla salita che porta all'incrocio del Grillo. Fuoristrada: le borse non danno fastidio, se non per qualche rumore in più; in salita, pur con le gomme decisamente più strette, mi pareva di essere sulle mie solite MTB, nessun problema di trazione; in piano, su terreno smosso, ho proceduto con cautela a velocità più bassa del solito; in discesa con sassi e radici, tutto bene, anche qui più adagio che con la MTB. Su questo tipo di fuoristrada, poco impegnativo ma non semplice strada bianca in macadam, la forcella rigida non mi ha creato difficoltà, naturalmente procedevo con una certa circospezione; d'altronde in questo tipo di fuoristrada il terreno è accidentato ma gli ostacoli sono in un certo senso arrotondati, è difficile beccare le botte secche agli avambracci di un tombino affrontato a velocità sostenuta viaggiando su asfalto.



Mi sveglio presto, il tempo, nonostante le previsioni meteo, sembra passabile, inizio a preparare tutte le carabattole che mi carico in macchina in occasione delle uscite in bici: oggi il meeting point della gita dei Torrevilliani è alle 8.30 a Morimondo. Verso le sette si scatena un temporale, acqua a catinelle, cielo scurissimo in direzione Pavia. Non interrompo i preparativi e tengo d'occhio il cielo: se voglio unirmi alla gita devo uscire di casa non più tardi delle otto. Alla fine decido di rinunciare. Esco a comprare il giornale e mi preparo mentalmente per un'uscita nei dintorni tanto per provare l'equipaggiamento antiacqua e il freno posteriore della singlespeed. Alle nove, bardato come un palombaro, esco di casa, parto e mi accorgo che non piove più e anzi ci sono pure degli sprazzi di sereno, specialmente verso Pavia, la qual cosa mi fa un po' arrabbiare. Ho contravvenuto a una mia regola: in caso di pioggia, portarsi sul posto, se non molto lontano, in questo caso mezz'ora di macchina, e poi decidere, ma oggi sembrava che non ci fosse proprio alcuna chance. Dopo pochi chilometri, addirittura sotto il sole, a Mirazzano, ormai fradicio di sudore, mi libero di parte della mia tenuta da sub, i pantaloni impermeabili, e mantengo però la giacchetta antipioggia a causa del vento. Ora va meglio, la temperatura corporea torna normale e procedo in direzione di Pantigliate, voglio andare a prendere la stradina di S. Martino Olearo, ma i lavori (eterni) sulla Paullese mi costringono a un lungo giro ozioso tra capannoni industriali e mercatini terzomondisti. A S. Martino Olearo, imbocco una stradina asfaltata che taglia a angoli retti la campagna e passo, vedi foto, per il minuscolo abitato di Villa Zurlì. Che sia il paese natale dell'omonimo mago dello Zecchino d'Oro ? Con questo ozioso interrogativo in mente raggiungo Mediglia e in poco tempo, sotto un cielo minaccioso e con un forte vento contrario (non so perchè, oggi fantozzianamente ho avuto quasi sempre il vento contro, eppure ho percorso un anello), arrivo a casa. Inizia a piovere.